Le campagne creative ben pianificate hanno un impatto maggiore se erogate alle persone giuste e a fronte di condizioni adeguate. In Comscore scomponiamo tale principio in quattro aree che, insieme, costituiscono ciò che chiamiamo "impression verificate". Più semplicemente, il tutto si risolve nella domanda che spesso tormenta gli inserzionisti: la mia campagna avrebbe potuto essere visualizzata dalla mia audience di utenti reali in ambienti adatti all'immagine e reputazione del marchio?
I quattro pilastri sono rilevamento del traffico non valido (Invalid Traffic, IVT), viewability, audience reach e brand safety. Sebbene tali tematiche siano tutte piuttosto estese quando esaminate singolarmente, acquisirne un controllo completo porta a un risultato maggiore della somma dei singoli componenti. Riteniamo che questi fattori restino fondamentali, a prescindere dalla modalità di acquisto della pubblicità; è pertanto compito degli inserzionisti dedicare il tempo necessario a capire come controllarli in un ambiente programmatico.
Il traffico non valido è la principale problematica che causa lo spreco di investimenti alla fonte (pubblicità erogate a utenti non umani), falsando ogni tentativo di ottimizzazione e misurazione delle performance. IAB stima che circa il 36% del traffico rientri in tale definizione. Anche se è vero che non tutto il traffico non valido persegue finalità fraudolente, l'ampiezza e il tasso di crescita del fenomeno sono imputabili anche a una gamma diversificata di bot, click farm, hijacker, content scraper, riciclaggio di domini e altro ancora.
Sebbene i mezzi siano svariati e in continua evoluzione, l'obiettivo è sempre quello di appropriarsi delle revenue pubblicitarie passando del tutto inosservati. L'utilizzo fraudolento di macchine mediante tecniche di hijacking è particolarmente preoccupante per i proprietari dei dispositivi, poiché il tutto avviene senza che questi ne siano a conoscenza. Ma pone anche gli inserzionisti di fronte a un problema serio, in quanto questi bot sono estremamente difficili da identificare.
Le forme di frode più sofisticate possono essere rilevate e rimosse soltanto con l'ausilio di strumenti ugualmente avanzati e specializzati, uniti a una comprensione approfondita del comportamento degli utenti reali.
La logica vuole che le campagne che hanno la possibilità di essere visualizzate avranno una maggiore probabilità di generare un'influenza sui consumatori. Negli Stati Uniti, MRC definisce una display ad “viewable” nel momento in cui il 50% dei pixel di cui è composta viene visualizzata dall’utente per oltre 1 secondo.
In questo caso, la vera sfida consiste nel destreggiarsi tra le discrepanze introdotte dai vari strumenti di misurazione. Ad esempio, siamo certi che il traffico non umano venga rimosso prima del calcolo della viewability? Lo strumento misura tutte le finestre aperte del browser o soltanto quella superiore? È in grado di individuare le ad servite al di fuori della finestra visualizzabile o le ads multiple aperte una sull'altra?
Prendiamo l'esempio del traffico non valido. Se questo non fosse rimosso prima del calcolo della viewability, i dati ottenuti risulterebbero falsati poiché includerebbero anche le ad "visualizzate" dai bot. Un tale comportamento ridurrebbe anche il ROI, dal momento che una quantità maggiore di impression sarebbe annoverata nel calcolo del risultato complessivo, svalutando le performance delle ad legittime. Inoltre, sarà impossibile confrontare in modo affidabile questi dati con risultati da cui il traffico non valido sia stato effettivamente rimosso.
L'importanza di comprendere cosa sia effettivamente oggetto delle attività di misurazione appare dunque evidente, così come è chiara l'esigenza di potersi basare su dati di viewability estremamente accurati che presuppongano la rimozione del traffico non valido.
Il targeting è una delle più grosse aspettative nei confronti del Programmatic. Per ragioni simili ai problemi legati alla viewability, è importante rimuovere il traffico non valido prima di giungere a conclusioni sull'efficacia di una campagna, specie per quelle frodi basate su profili di utenti umani realistici con zero probabilità di tradursi in clienti effettivi.
La valutazione del targeting dovrebbe quindi prevedere anche una fonte secondaria che non sfrutti i medesimi cookie o i dati utilizzati per l'esecuzione. In questo caso, il bicchiere può però dirsi mezzo pieno: fermo restando la necessità di evitare il traffico non umano, le impression erogate al di fuori del target di riferimento possono pur sempre rivelarsi efficaci.
Gli ambienti cosiddetti "sicuri" variano in funzione del marchio. Il range di contenuti sotto accusa include i soliti sospetti (quali pornografia, violenza e odio razziale) accanto a questioni un po' meno ovvie, come la pubblicità di una nave da crociera pubblicata accanto a notizie di cronaca su incidenti in mare aperto.
Oltre a contribuire a evitare errori legittimi, la gestione di problematiche come hijacking di domini o URL masking (ovvero i casi in cui, a dispetto dell'evidenza, le ad finiscono in ambienti non consoni) richiede competenze sofisticate di rilevamento frodi, specie nelle piattaforme programmatiche, in cui il trading delle inventory avviene rapidamente.
Affrontare tutte queste problematiche singolarmente è un passo nella giusta direzione. Il vero vantaggio, però, si ottiene combinando i "pilastri" appena illustrati in un'unica fonte per erogare delle "impression verificate"; ovvero una misurazione non duplicata e validata delle sole impression che abbiano avuto una reale opportunità di influenzare le audience. Queste tecniche potranno essere applicate alle strategie di bidding e all’attività di ottimizzazione finalizzate ad accrescere il valore della pubblicità digitale, nonché a proteggere i propri investimenti di marketing da azioni fraudolente.
Tale processo non vuole essere un'incombenza, quanto piuttosto un'azione positiva in grado di identificare le impression realmente efficaci. Ed è probabile che funzionino di gran lunga meglio di quanto si creda.